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L’educazione morale del bambino non è più un obiettivo

Che l’istruzione dovesse essere prima di tutto educazione era un assioma senza bisogno di chiarimento. Distinguere il bene dal male, e imparare a sceglierlo, era una volta obiettivo di genitori e insegnanti.

Ed oggi? Oggi no… la scuola è ubriaca di metodi, tanto preponderanti da mettere in ombra i contenuti.

I programmi non sono più tali, ma indicazioni molto vaghe che le case editrici riempiono con ciò che il mondo “chiede”…con ciò che va di moda… raramente docenti anche bravissimi se la sentono di uscire dal seminato.

Fin dalla più tenera età (asilo nido e scuola dell’infanzia), si perde di vista l’obiettivo: i bambini devono “stare insieme”, “divertirsi”, “socializzare”, “fare esperienze”….

Raramente però si capisce davvero CHE COSA si vuole insegnare e quale sia l’obiettivo che ci si pone.

Molti obiettivi intermedi (manipolazione, percezione del colore, acquisizione della motricità fine e di certe abilità) sono senza senso se non vengono inseriti in un percorso più completo e più alto.

Prima o poi queste abilità vengono comunque apprese, quando meglio, quando peggio, e venivano di certo apprese anche nelle nostre società antiche, in cui nessuno si sarebbe sognato di insegnarle attraverso esercizi specifici.

I nostri bambini apprendono i colori e l’uso di certe tecniche pittoriche con attività ad hoc adatte alla loro età. Eppure grandi esempi di geni artistici ci vengono dalla storia antica senza che all’epoca nessuno avesse pensato un metodo per farli sbocciare.

Al contrario, c’è spesso un silenzio sospetto sull’obiettivo della crescita morale del bambino, che cresce in una scuola liquida come la società in cui viviamo….priva di verità forti, di punti di riferimento da non mettere in discussione.

A questo proposito, in quanti progetti educativi l’obiettivo è la crescita nelle virtù?

Il bambino viene in genere considerato un essere a-morale, perché ancora immaturo per poter acquisire una moralità…il contrario di ciò che accadeva un tempo, quando magari la preoccupazione dei genitori era la disciplina prima ancora che le esperienze di arricchimento della motricità fine.

L’esperienza, e anche gli studi più recenti ci dicono il contrario, che “già nel primo anno di vita sono presenti e osservabili capacità di discernimento morale ed entro i tre anni è raggiunta la capacità di orientare il proprio comportamento in base a standard morali interni” (per questa ed altre considerazioni si veda il Prof Nicolais reperibili http://www.gliscritti.it/blog/entry/826 e qui http://www.diocesiudine.it/udine/allegati/23018/Presentazione_Nicolais2011.pdf)

Oltretutto, questo discernimento è orientato, nei primi anni come più tardi, secondo i principi dell’attaccamento di Bowlby….Come può proporsi una crescita morale una scuola che ha bandito la Verità dai suoi obiettivi, e che non ricerca un rapporto di attaccamento affettivo con gli alunni, e anzi crea tutti i presupposti (organizzativi e non solo) per staccare gli alunni dal proprio alveo di attaccamento famigliare?

 

Insegna al fanciullo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà.”

(Proverbi 22,6)

 

Già in un piccolo bambino c’è inoltre un grande desiderio di sapere e di capire, che si manifesta nelle sue continue domande e richieste di spiegazioni. Sarebbe dunque una ben povera educazione quella che si limitasse a dare delle nozioni e delle informazioni, ma lasciasse da parte le grandi domande riguardo alla verità, soprattutto a quella verità che può essere di guida nella vita

(Benedetto XVI, Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione)

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